La differenza fra accordatura a orecchio e accordatura con il tuner è addirittura immensa. Mentre con il tuner si possono centrare con precisione matematica i valori di ciascuna corda, chi lavora con l’orecchio può lavorare sulle differenze e il processo dell’accordatura per plasmare la voce del pianoforte, rendendo il suono più aperto o più chiuso, più brillante o più opaco. Operazione in serie o interpretazione artistica: voi cosa scegliereste?
Sergio Brunello, Il pianoforte, guida alla manutenzione
Il metodo di accordatura del pianoforte che pratico può essere definito se volete tradizionale, o a orecchio. In inglese la definizione più corretta è “aural tuning”. Per me è semplicemente quello che ho imparato all’origine dal Maestro Macchitella, che era nato nell’800 e che quando mi parlava delle persone che aveva conosciuto mi parlava di Mascagni.
L’averlo appreso direttamente da una fonte così autorevole non vuol dire che nel tempo non lo abbia fatto mio e soprattutto che non ne abbia poi indagato tutte le potenzialità e le caratteristiche.
Lavorare senza strumenti elettronici (tuner) significa infatti, anziché applicare un progetto preesistente, interpretare il processo nel suo svolgimento. L’accordatura è un viaggio, a volte breve e a volte lungo, a volte tortuoso e a volte lineare e chiaro. Non solo: è un viaggio che si fa insieme a un compagno che è il pianoforte L’accordatura è un viaggio, a volte breve e a volte lungo, a volte tortuoso e a volte lineare e chiaro. Non solo: è un viaggio che si fa insieme a un compagno che è il pianoforte. Non l’idea di pianoforte, ma il singolo e concreto strumento musicale che si sta accordando ogni singola volta. Questa tecnica si basa su alcune regole e uno strumento unico e particolare: l’ascolto. È pertanto nell’ascolto che si compie l’interazione tra l’accordatore e il pianoforte: al primo sta il compito di sentir e comprendere i bisogni del secondo e di esaltarne le potenzialità.
Mi capita non di rado che qualche cliente, dopo l’accordatura, magari anche il giorno dopo o addirittura qualche giorno dopo, mi chiami e mi dica: “Ma lei è un mago! Gli ha dato un’anima!”.
Il loro piacere è il mio, ma un po’ sorrido anche del loro stupore perché far suonare bene il pianoforte è esattamente il mestiere dell’accordatore. Sarebbe un mio fallimento se un pianoforte da me accordato non suonasse complessivamente meglio. La maggior parte dei pianisti e delle persone in genere pensa infatti che l’accordatura sia semplicemente il portare la tensione delle corde, e quindi la frequenza del loro vibrare, a un determinato valore prestabilito, quello “giusto”. Il La1 è un La1? Bene, Il Do3 è un Do3? Bene. Poi però quando suonano il loro pianoforte “scientifico” non ritrovano quel piacere che solo i pianoforti perfettamente accordati (e intonati, dopo vedremo la differenza) sanno regalare. Questo accade perché quel La e quel Do semplicemente non dialogano. Non sono stati accordati insieme, ma singolarmente, al pari di tutte le altre note.
Il metodo dell’accordatura tradizionale invece non solo non accorda le note in senso assoluto. Anzi, se volete, fa il contrario. Le scorda impercettibilmente tutte Il metodo dell’accordatura tradizionale – che senz’altro va saputo comprendere e mettere in pratica e che richiede molto allenamento – invece non solo non accorda le note in senso assoluto. Anzi, se volete, fa il contrario. Le scorda impercettibilmente tutte: ma in questo modo le accorda finalmente “tutte insieme”, coralmente, e così facendo ottiene un effetto complessivo estremamente più armonico ed equilibrato. Non solo, perché un altro dei suoi effetti è quello di poter anche intonare la voce del pianoforte ovvero, come si dice nella citazione che ho usato, “rendendo il suono più aperto o più chiuso, più brillante o più opaco”. Lavorando cioè sul timbro complessivo e permettendo allo strumento di cantare finalmente al meglio delle sue possibilità.
Naturalmente chi ha approfondito un po’ il sistema temperato a cosa io stia alludendo. Il sistema infatti su cui si basa la musica occidentale, da Bach in poi, contiene in sé un necessario errore, una semplificazione che necessita una correzione, un adattamento degli strumenti che quella musica sono chiamati ad eseguire. Per approfondire questi concetti rimando a chi lo ha fatto prima e meglio di me.
Inutile raccontare poi qui nei dettagli quanto il lavoro dell’accordatura non si possa limitare alla modifica della tensione delle corde. Molto spesso per ottenere una buona accordatura è necessario intervenire su molti altri fattori: la rigidità del martello, la complanarità delle corde, l’asse d’azione del martello, lo scolpire la sua forma. Senza ovviamente addentrarsi in quei casi dove il lavoro non si può limitare alla accordatura e dove l’intervento diventa di riparazione o di restauro, il sapere artigianale connesso al far suonar bene un pianoforte fa sì che l’insieme delle operazioni che l’accordatore compie rendano questo mestiere – che amo – se non a sua volta una forma d’arte quanto meno un’interpretazione artistica di un sapere che è alto artigianato.