Giuseppe Sciurti
Mi sono avvicinato al pianoforte a vent’anni, in Puglia, dove sono nato. Era il 1976 quando cominciai il mio apprendistato di accordatore con il Maestro Macchitella, in giro per il Salento. Fu lui ad avvicinarmi al metodo di accordatura che, con successivi approfondimenti, pratico ancora oggi. Del resto, allora – in assenza degli strumenti odierni – accordare a orecchio era l’unico metodo praticato e possibile. Tuttavia il Maestro Macchittella – gran musicista e compositore, oltre che accordatore di grande finezza – aveva un suo approccio personale all’accordatura, diverso da quello praticato dalla maggior parte degli accordatori, e basato su uno scomparto “largo”, fatto di quinte e ottave ripetute, anziché su uno scomparto più stretto, in una sola ottava e costruito con quarte e quinte.
Pensando di aver fatto mio il mestiere di accordatore, mi spostai a Milano nel 1978 (per amore!), dove fui subito accolto presso Pallotti Pianoforti e dove ebbi modo, per circa due anni di proseguire la mia formazione, non solo nell’accordatura ma anche nel restauro, imparando le tecniche e i “segreti” che solo la molteplicità delle esperienze può offrire.
Fu poi nel 1979 che venni assunto da Gallini come accordatore “ufficiale”, dove rimasi per 5 anni, fino al 1984. Gallini, per chi lo ricorda, era una vera e propria istituzione a Milano, un negozio attivo sin dal 1800 che, affacciato proprio sull’angolo tra Corso Monforte e Via Conservatorio, offriva la miglior selezione di pianoforti in città. Fu lavorando per Gallini che iniziai a lavorare per le sale da concerto, accordando pianoforti destinati a essere usati per le performance dei grandi esecutori. L’occasione all’inizio me la diede il Bosendorfer imperial – con ben 97 tasti per ottenere un’estensione maggiorata e stupefacente – che solo Gallini possedeva. Quando arrivavano in città pianisti che lo richiedevano ero sempre io a seguirlo e occuparmi dell’accordatura.
Nel 1985 iniziai la libera professione: non più al servizio di una struttura ma (finalmente) libero di seguire i miei clienti personali dopo una fase di apprendimento sul campo durata ben otto anni, Fu in quel periodo che cominciò la collaborazione con il Teatro alla Scala e quella con Fazioli Pianoforti.
Dopo nove anni, nel 1994, il trasferimento a Parigi: ancora una volta una trasferta guidata dall’amore per una donna.
Appena giunto a Parigi, era il 1994, mi sono presentato alla Salle Pleyel, il più prestigioso auditorium della capitale francese. Forte dell’esperienza milanese e della collaborazione con un’istituzione altrettanto prestigiosa come quella con La Scala, dopo una prova sul campo con l’accordatura di un Bosendorfer e un pianista esigente in sala Debussy, sono stato arruolato dall’istituzione parigina, con la quale ho collaborato come accordatore da sala per sei anni, fino al 2000, data del mio ritorno a Milano.
È l’inizio di nuove collaborazioni: con Fabbrini, seguendo tra l’altro i pianoforti dell’Orchestra Giuseppe Verdi di Milano e quelli presso la sede dell’Ansaldo dell’Accademia della Scala, e ancora con Fazioli Pianoforti.
È poi sulla commessa per la manutenzione globale del parco di pianoforti del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, giunta nel 2009, e sulla cura degli strumenti del prestigioso Blue Note di Milano che si sono concentrati sino a oggi i miei sforzi, permettendomi tuttavia di aprire la nuova sede del mio laboratorio di accordatore e resturatore di pianoforti, in Viale Cassala a Milano, dove proseguo oggi, per clienti privati e istituzioni artistiche, la cura, le riparazioni e il restauro di pianoforti di ogni tipo: grandi strumenti a coda da concerto e pianoforti verticali domestici e da studio.
NOTA: ringrazio di cuore l’amico Sandro Cerino per le belle foto che vedete su questo sito.
Francesco Sciurti
“Ci serve urgentemente un Bach!” esclamò con fermezza il Conte di Arnstadt quando alla sua corte venne a mancare il musicista. Perché ai tempi la famiglia Bach in Turingia era così numerosa e popolata di musicisti che ormai il cognome “Bach” era diventato sinonimo di musicista.
A Milano invece, oggi, quando c’è un pianoforte da accordare si dice “presto, mandate a chiamare uno Sciurti”!
Il paragone è irriverente, ma è vero che la mia famiglia è assolutamente dedita al lavoro di accordatura e io, Francesco Sciurti figlio di Giuseppe, sono fiero di farne parte e di essere divenuto, a mia volta, un accordatore di pianoforti.
Non poteva che essere così. Mio padre racconta sempre che quando avevo appena due anni e mezzo e vivevamo ancora in Francia, volli salire in piedi sulla tastiera del verticale a cui lui stava lavorando e impugnare la chiave d’accordatura per provare io stesso ad accordare quel pianoforte.
Io questo non lo ricordo: ma ricordo bene di tutte le volte che mi portava con sé nelle sale da concerto dove doveva preparare uno strumento. Stavo lì, sul palco o nascondendomi in platea, e ascoltavo. Magari non intenzionalmente, ma ascoltavo, quelle note ribattute: una dopo l’altra, fino a trovare quella giusta.
Se siete qui che leggete probabilmente avete ascoltato anche voi almeno una volta “la musica” di un pianoforte che viene accordato. Io con quell’accompagnamento musicale ci sono letteralmente cresciuto. Le quarte, le quinte, le ottave, sono state la musica della mia infanzia.
È naturale forse, dopo un’infanzia passata con così tanta musica attorno, che ancora oggi non abbia ancora deciso quale strumento suonare: ho studiato chitarra, pianoforte (naturalmente: impossibile non amarlo), ora sto praticando tromba. E canto, con i miei amici Grilli.
Ma è altrettanto naturale che – dopo un periodo in cui, come ogni ragazzo in amorevole competizione con il padre, pensavo che avrei fatto tutt’altro – mi sia ritrovato a ripercorrerne le orme.
Durante il mio primo periodo di apprendistato, il mio compito è stato estenuante, ma ora capisco quanto utile: dovevo solo ascoltare, osservare e prendere appunti. Andavamo nelle case dei clienti privati, nelle sale da concerto, nelle scuole. Ricordo bene quando ogni mattina la sveglia suonava alle 5. Dovevamo andare a fare interventi di accordatura nelle varie aule del Conservatorio di Milano (nel periodo in cui mio padre lavorava per loro l’orario di servizio era dalle 6 alle 8 del mattino, prima che studenti e insegnanti iniziassero le lezioni). Per quanto fosse una dura impresa non addormentarsi sulle innumerevoli note percosse e ripercosse a quell’ora del mattino (già di per sé l’accordatura vissuta “da fuori” è soporifera), fu per le mie orecchie una preziosa gavetta, in cui potevo ascoltare i diversi suoni, gli armonici, i timbri e le stonature di tutti quei pianoforti a disposizione. All’inizio mio padre mi faceva solo ascoltare: diceva che avrei dovuto ascoltare attentamente molte accordature prima di poter pensare di mettere mano a un pianoforte.
Crescendo, sono diventato man mano più autonomo. Che orgoglio quando a 21 anni ho eseguito per la prima volta in autonomia un restauro completo di un pianoforte verticale appartenente a un cliente tutto mio! Si trattava di un Furstein Farfisa, un piccolo piano di famiglia che mancava di manutenzione da molto tempo, finché non arrivò nel nostro laboratorio, dove in un mese lo rimisi a nuovo.
Oggi che il mio apprendistato si è compiuto, il mio lavoro si divide tra il laboratorio, dove sto completando la mia formazione sugli interventi di restauro più complessi sotto la supervisione di mio padre, e le accordature per i miei clienti. Per cui, se avete bisogno di un Bach… ops di uno Sciurti, siete capitati nel posto giusto.